Come Adrano divenne la sede dell’Avo

Prefazione.

Ora che i nostri lettori hanno metabolizzato la tesi secondo la quale, in tempi assai remoti, antidiluviani, la civiltà terrestre era caratterizzata dalla globalità culturale, si stupiranno sempre meno della comparazione che faremo in questa sede tra la civiltà sumera e quella sicana. Ripercorreremo i testi dell’epica sumera, applicando ai rispettivi contesti il contenuto delle tavolette anche alla Sicilia, convinti dal contenuto dei testi, che vi fosse in essi un riferimento al Mediterraneo, all’isola, a un rapporto di interessi reciproci tra le due aree geografiche e che, come abbiamo accennato negli articoli precedenti, in Sicilia si trovasse l’Abzu, cioè il laboratorio scientifico messo su dal dio Enki, spesso citato nelle tavolette sumere. La Sicilia, come altrove affermato, conserverebbe ancora oggi, attraverso la sua biodiversità, i risultati degli esperimenti del dio scienziato Enki. Ricordiamo a tal proposito, che il mito assegna al territorio di Enna il primato della coltivazione del grano, e che da questo territorio la dea Demetra/Cerere/Innanna, patrona della città, lo conducesse in Grecia e, conseguentemente, in Medio Oriente. Ricordiamo al lettore, capace di cogliere con mente laica il mito e le ricerche di frontiera condotte con coraggio da chi sa guardare l’ampio orizzonte, quanto affermato dai biologi con univoca voce: che il grano non può essere un derivato della spontanea mutazione genetica di un cereale cresciuto nell’isola, ma esso è certamente il risultato di una combinazione genetica artatamente voluta. Quanto qui affermato basti al lettore, che, se vuole, può raccogliere le briciole di informazioni da noi raccolte la dove possibile e poi sparse nei nostri articoli. Passiamo ora al nucleo dell’argomento secondo il titolo che abbiamo scelto quale passepartout.

Enna: La Reggia di Anu.

Rinvenimenti occasionali nel territorio adranita. Immagini 1, 2, 3, 4

Come affermato, per la ricostruzione e interpretazione dei fatti protostorici o mitologici, ci serviremo dellacomparazione e utilizzeremo in abbondanza le fonti sumeriche, cioè le tavolette in cui è incisa la storia, le mitologie e la letteratura sumera. Il contenuto delle tavolette è stato interpretato da studiosi seri, tra i quali emerge tra tutti, lo studioso G. Pettinato, il quale, con non comune umiltà, ricordava agli stregoni che detengono la certezza dellaverità assoluta, che la lingua sumera conserva pur sempre una difficoltà interpretativa.

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Volendo prevenire la domanda dell’arguto lettore, riteniamo che anche in Sicilia si praticasse la scrittura, magari diversa da quella sumera, forse pittografica, essendo questa antichissima, al punto che il re Assurbanipal si vantava di essere in grado di conoscere il significato delle iscrizioni incise sulla roccia, di memoria antidiluviana. Nel museo archeologico di Adrano, la ceramica del neolitico fino a quella dell’età del bronzo è caratterizzata dallapresenza di una “decorazione”, segni che per noi hanno una certa familiarità e che per questo abbiamo

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immaginato trattarsi di scrittura pittografica o di segni che gli addetti ai lavori dell’epoca sapevano interpretare così come i chimici dei nostri tempi possono tradurre disinvoltamente le loro formule incomprensibili ai profani. Del resto, se vogliamo abbracciare l’idea che in Sicilia il dio scienziato Enki avesse costituito il proprio laboratorio, lo stesso non poteva non esprimersi se non con formule, dirette soltanto ai suoi stretti collaboratori.
Per comprendere come la città di Enna diventasse la reggia di Anu e successivamente la città della dea Innanna/Demetra/Cerere dobbiamo ricorrere al testo sumerico intitolato dagli studiosi “‘Innanna ed Enki”. Il testo afferma che era stata costruita per il dio Anu, padre di Enki, una reggia terrena onde trascorrere il periodo di permanenza sulla terra quando questi decideva di visitarla con la consorte Antu. In una di queste visite si affeziono’ particolarmente alla pronipote Innanna, al punto da decidere, poiché la reggia, chiamata Eanna in sumerico, serviva al dio soltanto per un breve periodo e in rare occasioni, di farne dono alla piccola e vispa nipote. Ma la piccola divinità cresceva assieme alle sue grandi ambizioni da desiderare un regno tutto suo e non meno importante di quello dei propri simili. Intendeva a tal fine, trasformare da una semplice reggia ad una città stato la sua dimora terrena, l’Eanna. Per ottenere potere e carisma, aveva però la necessità di possedere gli stessi attributi che avevano le altre città stato in cui imperavano le divinità maggiori. Il custode di questi poteri, chiamati ME, e che se vogliamo ricorrere all’ipotesi interpretativa da noi elaborate circa la lingua primordiale, che il lettore conosce, starebbe per Men mente, memoria, cioè qualcosa che poteva conferire conoscenza ed essere trasmessa senza troppe difficoltà e senza privazione delle stesse da parte di chi li custodiva. Si trattava, dunque, di una semplice condivisione di segreti attraverso i quali si acquisiva potere. Innanna, continua il testo, si reca da Enki nel suo Abzu ed ottiene senza problemi alcuni dei su detti ME custoditi dallo scienziato, ma l’ambizione della giovane dea andava oltre ogni misura e non ritenendo sufficiente quanto ricevuto, mettendo in atto le arti intrinseche alle donne avvenenti che sanno di esserlo, circuisce l’anziano dio, che gli era anche zio, al punto che il canuto è avvinazzato scienziato, tra le traboccanti coppe e le sinuosità della giovane, come Erode a Erodiade, concesse, salvo poi pentirsene, ciò che avrebbe fatto bene a custodire. Ecco, dunque, che l’Eanna assurse da reggia residenziale a potente città stato e sede stabile della dea Innanna/Demetra/Cerere. Questo episodio dovette essere stato tramandato dagli antichi abitatori dell’isola, i Sicani, fino ai tempi di Cicerone, il quale ricorda nelle verrine il mito di Cerere, affermando altresì che la città di Enna era stata da sempre abitata da dèi, che ancora vi abitavano, e che la mitologia siciliana era la più antica.

Adrano: Sede Templare di Anu.

Se, dunque, Anu cedette la propria reggia alla nipotina, va da sé che egli doveva comunque essere accolto in un luogo durante le sue visite terrene. Crediamo che egli durante le sue occasionali visite terrene scegliesse di dimorare nel tempio che a lui era stato edificato alle falde del monte Etna – va distinta la reggia dal tempio, luogo di relax la prima, di culto il secondo-. Questa ipotesi viene corroborate, tra l’altro, dal fatto che nei racconti epici sumeri, si fa continuamente cenno “alla Montagna” in cui si recavano le divinità, magari per essere ricevute da Anu in udienza. A questa ipotesi fa eco quanto affermato da Plutarco nella vita di Timoleonte, che i pellegrini di tutta l’isola si recavano nel tempio di Adrano per rendere onore al dio. Per quanto riguarda la montagna frequentemente citata nei testi sumerici, fa specie che essa non abbia un nome e che ritorni con l’abitudine dei Siciliani di fare riferimento ad essa, quasi come una sorta di memoria di razza perdurata nei millenni, con il semplice appellativo di “a Muntagna” come se nel pianeta non potessero esservene altre da compararle e che rimaneva pertanto l’unica, la montagna per eccellenza, la sede dell’Avo con il suo tempio alle falde di essa.

Il laboratorio scientifico.

Intrecciando ancora gli indizi a nostra disposizione sorge la domanda dove Enki avesse costruito il suo laboratorio. Un centro studi di tale portata non poteva passare inosservato nell’isola e, di fatto, sebbene oggi, in un periodo di tempo così distante da quello qui indagato, poche siano le tracce rimaste, le riteniamo tuttavia sufficienti per azzardare le ipotesi che di seguito esporremo. È plausibile che il tempio sorgesse nella città di Innessa che Diodoro Siculo afferma essere stato il primo nome della città di Etna, e che noi, attraverso il risultato dei nostri studi pubblicati abbiamo identificato con la città di Adrano, rinominata così da Dionigi il vecchio, da Etna che si chiamava. Se si dà per buona la tesi circa le origini proto germaniche della lingua sicana, riconducibile a propria volta ad una lingua comune, parlata prima della dispersione dei popoli, il nome Innessa sarebbe formato dall’unione dei lessemi inna, che significa dentro, ed essen che significa cibo, messe, mangiare. Dai testi sumeri si apprende quanto il dio Enki si preoccupasse di sfamare le sue creature, gli esseri umani, e che per loro aveva creato i cereali, in questo caso non sarebbe peregrina l’ipotesi che proprio nella fertile Valle del Simeto, nei pressi di Innessa/Etna/Adrano, si mettesse in atto la sperimentazione, e che, il successo della semina facesse guadagnare al territorio messo in coltura, l’appellativo di Innessa, ovvero il cibo che cresce dentro (le viscere della terra). Naturalmente il laboratorio scientifico gestito da Enki e i suoi aiutanti, fece sì che questi, nell’immaginario collettivo, venissero guardati come sciamani o sacerdoti e le loro formule chimiche come simboli sacri: la sequenza di rombi (DNA) ; l’occhio nel triangolo e i chicchi di grano ecc. Le caratteristiche del territorio adranita, ricordate dallo storico greco Tucidide, a proposito dell’incendio doloso perpetrato dagli Ateniesi durante la Guerra del Peloponneso ai campi di grano degli Inessei, e poi ancora descritte dallo storico Strabone, erano tali, e lo sono ancora oggi nonostante l’avanzante desertificazione, da risultare compatibili con le esigenze agricole di ogni tempo: fertilità del suolo, ricchezza di sorgenti di acqua, clima mite, collinare, giustamente ventilato.. – ricordiamo che Adrano venne scelta, nel progetto europeo per le energie alternative, come luogo ideale per installare i primi pannelli solari sperimentali-.

Ad maiora.

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