Sicania o Trinacria?

IL RICERCATORE.

Lo storico, il ricercatore, lo studioso operano su dimensioni atemporali, portano alla luce ciò che è sepolto, nascosto, celato. A loro è affidato un compito che non tiene conto delle contingenze sociali favorevoli o sfavorevoli; essi vengono dal passato, ne raccolgono le reliquie e le propongono a quanti sono loro simili. A questi ultimi è diretto ogni loro sforzo.

 

TRINACRIA E SICANIA.

Il nome di Trinacria riferito alla Sicilia, se dovessimo dare credito alle informazioni che  Tucidide ottenne, probabilmente da storici isolani, fu anteriore a quello di Sicania. Tuttavia, i Sicani si consideravano autoctoni, continua lo storico ateniese, e noi siamo propensi a crederlo a motivo del significato dell’etimo sicano che, utilizzando il metodo interpretativo ormai conosciuto dai nostri lettori, significa gli eredi dell’Avo, cioè Adrano. Di conseguenza, essendo il dio  Adrano la divinità nazionale, non potrebbe essere apparsa che con l’apparire dei primi abitatori della Sicilia, appunto i Sicani. Considerando che il toponimo Trinacria è pre ellenico, la conseguenza delle affermazioni su esposte, condurrebbe alla deduzione secondo la quale entrambi i toponimi furono coniati dai Sicani per dare allo stesso territorio  due significati diversi: uno d’ordine politico geografico, l’altro religioso. Con il toponimo Sicania, a nostro avviso, si intendeva far passare il monito che, quella che ora chiamiamo Sicilia, era un territorio di cui i Sicani erano legittimi proprietari per diritto di ereditarietà, mentre con il toponimo di Trinacria, si voleva verosimilmente specificare che quel territorio, a forma di triangolo, racchiudeva potenti forze, lì deposte direttamente dalla divinità, come diremo più sotto.

Ma per penetrare meglio il significato del toponimo Trinacria, dobbiamo ripercorrere un po’ di storia ricorrendo alla narrazione dello  storico siciliano Diodoro di Agira, riportando lo stralcio di un nostro precedente articolo.

“La città di Trinacria”, scrivemmo allora, “ nel racconto dello storico agirese Diodoro, sorge e sparisce in un batter d’occhio, dopo aver compiuto imprese titaniche; ciò induce a pensare che Diodoro, di etnia e cultura greca, avesse mal compreso il valore simbolico e semantico racchiuso nel toponimo sicano di Trinacria, con il quale non veniva indicata una città ma piuttosto una lega, dal carattere sacro, stipulata da tre città o territori o anfizioni, che si configuravano come centri di forza, potenze spirituali, come fa pensare anche il nesso consonantico “kr”, contenuto nel nome Trinacria, che in antico germanico significa “forza, potenza”, punto di rottura.

Tale lega, d’ordine religioso-militare, nata al fine di osteggiare l’avanza anti tradizionale dei Greci, fu stipulata, a nostro motivato parere, dalle tre città siculo-sicane detentrici della tradizione degli antenati. I territori delle tre città avrebbero dovuto riprodurre in terra sicula la triade divina Adrano-Etna-Palici ossia padre-madre-figli. Il nome Trinakria, ripreso dai tre principi-sacerdoti addetti al culto della famiglia divina, dovette indicare perciò, nel periodo storico in cui Diodoro Siculo colloca il suo racconto, cioè il V sec. a.C., non una città, nominata peraltro soltanto dallo storico agirese, ma piuttosto una porzione di territorio consacrato alla causa anti greca e compreso all’interno dell’area triangolare delimitata dalla perduta città di Erbita\Erbesso (sita tra Enna ed Agira e vicina all’attuale città di Assoro, forse in prossimità di Leonforte), Adrano e Palikè”. Avanziamo l’ipotesi che, a nostro modo di vedere, nel toponimo Trinacria si nasconda in realtà,  la volontà di mettere in atto una pratica magico religiosa I cui effetti scaturiscono dalla potenza racchiusa proprio nel  significato del toponimo.

SIGNIFICATO DEL TOPONIMO.

Il toponimo Trinacria, infatti, potrebbe fare riferimento ad una città ideale, invisibile, depositaria e custode di forze extrafisiche, la città di Dio o dell’Avo divinizzato (An). Pertanto, se abbiamo visto giusto, il toponimo sarebbe composto dall’unione dei lessemi “TRI”, tre, “AN” con il significato di Dio e “KR” con il significato di forza applicata in un punto fino alla rottura (da cui l’onomatopeico crak, crepa). La traduzione del nome Trinacria da noi proposta, liberamente traducibile con “Le tre potenze di Dio” o dell’ Avo, trae spunto anche dalla constatazione della fervida religiosità con cui si esprimeva il popolo sicano guidato dal principe sacerdote Ducezio, affiancato da un altro Titano della storia isolana, il principe sacerdote Arconide (vedi articoli:  Gli dèi Palici e le sacre sponde del Simeto, e, Alesa, da Vercingetorige ad Arconide), citato da Diodoro e celebrato anche dallo storico Tucidide. Il ricorso a pratiche di ordine magico religioso a cui abbiamo fatto cenno, faceva parte della consuetudine nel periodo da noi preso in esame non soltanto in Sicilia, ma tutte le civiltà vi facevano ricorso. Ci si ricordi della “Evocazio” messa in atto dal generale  romano Camillo affinché la dea Giunone abbandonasse la protezione che aveva accordata alla città etrusca di Veio, per rivolgere il suo favore al popolo romano che l’assediava senza alcun risultato da dieci anni. Ma se Giunone cedette  alle lusinghe romane, la città dell’Avo, Trinacria, fu intransigente con il senso del dovere nei confronti delle ataviche tradizioni e preferì immolarsi al nuovo corso degli eventi.

Ad majora.

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