La Grande Metafora Del Potere: Siculi E Sicani.

Nell’eterno gioco delle istituzioni, il potere rappresenta quell’elemento catartico di cui il popolo si serve per investire qualcuno delle proprie responsabilità. Pertanto, con riferimento alla nota metafora, si ottiene che il gregge elegge il proprio pastore o, nel caso che qui tratteremo, il proprio mandriano. Ma il popolo avvertì nel proprio intimo la presenza di un dualismo, che attanagliava il proprio essere e senti l’esigenza di affidare a due poteri ben distinti la gestione del cosmo: al potere sacerdotale la parte invisibile, a quello regale la parte tangibile.

Questo brevissimo articolo che riprende il leitmotiv del significato da attribuire all’etimo sicano e a quello di siculo, non si offre al lettore senza una certa difficoltà di accettazione, se egli non ha metabolizzato i precedenti articoli che vi fanno riferimento. Infatti, in questo nuovo contributo non faremo ritorno, per necessità di sintesi, alle tesi che afferiscono alle origini nord europee dell’etnico sicano e siculo. Tuttavia, semplificando la questione per chi non avesse sufficientemente tempo per la lettura, poiché quanto affermato sopra intorno alla suddivisione dei poteri spirituale e materiale, risulta evidente dall’organizzazione sociale che le diverse culture si sono date in tutto il mondo, possiamo universalizzare tale atteggiamento antropologico e attribuirlo pure ai primi abitatori della Sicilia. Ma chi furono i primi abitatori della Sicilia? Quale era il loro nome? Secondo quanto viene affermato da Tucidide nel libro VI della “Guerra del Peloponneso” , i popoli che si contendono il primato sono quello dei Ciclopi e quello dei Sicani; secondo lo storico taorminese Timeo, i Sicani sarebbero stati autoctoni. Ma facendo leva su una affermazione riscontrata in Tacito nel corso della descrizione che egli fa della miriade di tribù germaniche che abitavano una vasta area dell’Europa, potremo utilizzare per comparazione, quanto sostenuto dallo storico latino nel suo trattato ‘Germania’ per elaborare una ipotesi interpretativa di come possano aver avuto origine gli etnomi di cui ci occuperemo più giù.

I Germani
Tacito afferma che il popolo dei Germani deve il proprio nome a quello di una piccola tribù la quale, con ogni probabilità senza ricercarlo, fece sì che, grazie al significato simbolico dell’attributo loro apposto, questo venisse successivamente esteso all’intero popolo. Tacito era meno attento al significato dei nomi rispetto a Plutarco come si evince dal suo trattatello questioni romane in cui, in un nobile salotto si fanno le pulci al significato del nome Carmenta, e non si curò pertanto, di capire il processo secondo il quale l’appellativo apposto ad una singola tribù si fosse esteso all’intero mondo germanico; ma noi, poiché ritorna utile l’indagine sul significato dell’etimo, non ometteremo di indagare ed esporre la nostra ipotesi sul significato che veicolano i singoli attributi, convinti come siamo, che nel nome si celi la funzione sociale svolta da chi lo porta. Nella lingua germanica ‘ger’ significa lancia e la lancia era sinonimo di potere e combattività. È evidente che, fra tutte le tribù che costituivano il popolo etnicamente omogeneo che non aveva ancora un nome che lo contraddistinguesse come popolo, in quanto non aveva sviluppato quel concetto di unità, nell’accezione politica che viene attribuita oggi, la tribù dei Germani, essendo quel gruppo umano la cui vocazione era quella di imporre (o difendere) con le armi la propria visione del mondo, infatti ger-mann significa uomini con la lancia, fosse quello che meglio rappresentava tutti nel contesto storico che esamineremo più giù. Non avendo in nostro possesso dati certi che confortino l’ intuizione sopra esposta, ci sembra verosimile la ricostruzione secondo la quale l’attributo di Germann venisse esteso all’intero popolo, sommatoria del pulviscolo di tribù, in seguito alla minaccia sopraggiunta da popoli invasori non identificabili etnicamente con il proprio. Non è da escludere, a motivo della forza d’urto che non ha avuto precedenti nella storia, che il popolo straniero che i Germani considerarono il più pericoloso per l’unità nazionale, fosse quello romano. Infatti, nel corso delle nostre ricerche non abbiamo riscontrato fonti storiche, prima che lo facesse Tacito, che definissero la moltitudine delle tribù protogermaniche appunto Germani. Vi è nelle Storie di Erodoto un riferimento ai Germani al servizio del re Ciro in Persia (lib. I, 125), ma ci è parso che lo storico facesse riferimento ad un gruppo di mercenari o emigrati appartenenti ad una delle tante tribù germaniche, la stessa a cui si sarebbe riferito Tacito quattro secoli dopo. Infatti nel passo tradito, i Germani vengono citati da Erodoto assieme alle tribù persiane sottoposte al re. L’ azzardo interpretativo dell’evoluzione del nome di una tribù in un etnico, avvalorando ulteriormente quanto viene affermato da Tacito, é motivato dal fatto che per la prima volta, quasi tutte le tribù germaniche si sollevarono unitariamente contro un nemico comune, quello romano, facendo assumere alla sollevazione le caratteristiche di una guerra nazionale contro l’invasore instillando nel popolo minacciato, attraverso il sollevarsi di una sola voce, il primo concetto di unità, di nazione, di omogeneità culturale secondo i canoni moderni. Si avvertì forse in quelle circostanze, e per la prima volta in quel consorzio umano, l’esigenza di esprimere con un solo attributo l’essenza di un intero popolo.

I Sicani e i Siculi.
Se applichiamo agli abitanti della prima ora che abitarono l’isola di Sicilia, la genesi dei nomi sopra descritta nel mondo germanico, col quale, tra l’altro, come emerge dai nostri precedenti studi, i primi abitatori della Sicania erano imparentati, potremo comprendere come si siano formati i due appellativi,, Sicano e Siculo, e per quale ragione, più dei tanti altri che erano presenti nell’isola: Ciclopi, Lestrigoni, Feaci ecc. essi abbiano lasciato una traccia mnestica indelebile nella storia dell’isola.
Rimandando chi volesse approfondire l’argomento sulla ipotesi, più volte affermata, della provenienza nord europea della lingua sicana, agli studi precedenti ed in particolare all’articolo “Jam akaram: la lingua dei Sicani”, in questa sede ci limiteremo a ricercare il significato etimologico degli etimi sicano e siculo che di per sé basteranno a chiarire le funzioni sociali che le due classi svolgevano nella società isolana. I Sicani, fino a quando la Sicilia fu omogeneamente abitata dal popolo che condivideva la medesima visione del mondo, avevano il compito di fornire alla società i funzionari addetti al culto dell’Avo, che nella lingua da loro parlata si traduceva con il sostantivo Ano riscontrabile tuttora nella lingua tedesca. Il sich-ano rappresentava colui che era il detentore della tradizione. Il pronome riflessivo sich, che significa sé, sé stesso, conferiva valore di immanenza al sostantivo Ano. La tradizione esposta anche in forma di rito, veniva vivificata dal sich-ano. Il sich-kuh corrispondeva al mandriano, da kuh vacca, ma veniva utilizzato metaforicamente in ambito regio per indicare il mandriano di popoli (frequenti i riferimenti al mandriano in questa accezione nell’Avesta il libro sacro dei Persiani) identificabile con il mansueto pastore di greggi di cristiana memoria; il sich-kuh rappresentava il braccio armato dell’Avo, colui che si impegnava a fare rispettare la tradizione, a proteggerla dalle orde barbariche che avrebbero potuto mistificarla apportandovi novità incompatibili.
Un parallelismo con quanto fin qui affermato, lo si ritrova nella società ebraica, contraddistinta dalla presenza di dodici tribù. Di queste dodici tribù, originatesi da dodici fratelli, potevano accedere al sacerdozio soltanto coloro che provenivano dalla tribù dei Leviti, mentre al trono regio potevano aspirare soltanto coloro che facevano parte della tribù di Giuda.
Dunque, verosimilmente, in origine, in Sicilia il sich-kuh, corrispondente al kuh-rus dei Persiani,al kunung degli Svedesi, al Konig per i Tedeschi, prima di trasformarsi esclusivamente in potere politico e rendersi indipendente da quello sacerdotale, interveniva dietro mandato del sich-ano per stabilizzare una situazione uscita dal controllo sacerdotale. Tanto per avere un termine di confronto a noi familiare citiamo il caso di Giosuè a capo dell’esercito ebraico, come viene descritto nell’Antico Testamento, il quale agiva dietro mandato di Mosè, il capo religioso del popolo ebraico. Se volessimo identificare delle figure storiche da paragonare al ruolo incarnato da Giosuè nella variante sicana, potremmo andare con la mente ai condottieri Ducezio e Arconide. La variante sicana, rispetto a quella giudaica, riguardante la figura del condottiero, consiste, a nostro avviso, nel fatto che nella figura del duce siculo/sicano poteva confluire quella del pontefice o sacerdote che chiamar si voglia, affondando, come da noi sostenuto più volte, la cultura sicana le sue radici nell’humus culturale del nord Europa e dunque, per affinità, ritenendo la componente sacerdotale sicana più vicina a quella druidica.

La Metafora
Ma poiché la metafora viaggia su due piani paralleli, decriptandone i diversi riferimenti otteniamo che, se da un lato il sich-kuh rappresentava il mandriano di popoli, colui che era preposto a governare sulle genti per il loro benessere, dall’altro esso impersonava il mandriano vero e proprio colui che, fuor di metafora, governava mucche e tori, strumento di ricchezza e di sostentamento. Pertanto, quando in tempi storici, orde di Germani si spostavano con il loro seguito di carri trainati da buoi e mandrie provocando nuvole di polvere e lasciandosi il deserto alle spalle, alla ricerca di nuovi spazi vitali, nell’immaginario collettivo, quella polverosa indefinibile accozzaglia di individui, veniva appellata da chi assisteva allo spettacolo inusuale “I mandriani” I “sich-kuh”, I cowboys antelitteram.
Ad majora.

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