La collina della fertilità: Roccella come Eleusi

Roccella Valdemone.

Il piccolo villaggio di Roccella Valdemone rappresenta il luogo ideale per chi volesse celebrare la Natura nella sua magnificenza, la Mater Matuta latina, l’anatolica Cibele o la siciliana Demetra, dea delle messi e della fertilità. Il fiume che scorre nei pressi del borgo tra le insenature dei Peloritani, quasi secco d’estate, inganna l’avventuriero che trova più giù fragorose cascate, alimentate da vitali e inestinguibili vene sotterranee. Non poteva essere celebrato che in questo luogo l’ancestrale culto della fertilità; qui più che altrove la terra venne intesa quale nutrice del genere umano. Qui, secondo l’interpretazione fornita dagli archeologi da noi consultati, in una collina a mille e duecento metri, gli Avi Sicani, incisero nelle rocce di arenaria, decine e decine di rappresentazioni della sessualità femminile, evidente allegoria del seme nascosto sotto la nera terra, pronto a dar frutto. Qui, nella fertile isola di Sicania, si anticipo’, rispetto alle culture mediterranee coeve, a nostro avviso, e spiegheremo i motivi più sotto, un culto che successivamente, nella arida e pietrosa Grecia, sarebbe diventato misterico e conosciuto dalla storia con il nome di Misteri Eleusini.

Misteri Eleusini.

Secondo una prima datazione effettuata dalla dott.ssa Tatiana Melaragni sulla base delle foto che le abbiamo inviate, le rocce intagliate nella collina di Roccella, che palesemente introducono ad un culto della fertilità, sarebbero collocabili cronologicamente intorno al quattromila a.C. Ora, attingendo a piene mani dal notevole lavoro svolto da Angelo Guidi (I Misteri di Eleusi, Genova 1979) , il Nostro rileva dai marmi di Paros, che i Misteri Eleusini furono introdotti in Grecia nel 1511 a.C. Sotto il regno di Eretteo nel 1397 a. C., sconfitti gli Eleusini, il re atenise ne avrebbe importato il culto nell’Attica e riconosciuto a Eumolpo, sacerdote di Demetra in Eleusi, il diritto di gestire i riti misterici riservati alla dea. Se ora uniamo a questa affermazione quanto asserisce Diodoro siculo sulla dea delle messi Demetra, che andando alla ricerca della figlia rapita, si spinse in Grecia ove fece dono del grano agli abitanti che l’avevano aiutata nella ricerca, introducendo così la coltivazione di questo cereale anche nell’Ellade, si evince che la semina del grano sia stata introdotta in Grecia dopo che in Sicilia, isola in cui Demetra aveva la propria sede. Il mito greco continua affermando che i Greci, riconoscenti del dono ricevuto, resero onore alla donatrice dedicandole le cerimonie che furono dette Misteri Eleusini. Tuttavia, come spiegheremo oltre, crediamo che anche queste cerimonie siano state mutuate dai Greci da quelle già esistenti da tempo immemorabile in Sicilia. Infatti, così come i Greci resero onore alla dea per il dono ricevuto, non avrebbero potuto fare altrimenti i Siciliani, sudditi diretti della dea, dalla quale ricevettero per primi la conoscenza del prezioso cereale. Demetra, infatti, come fu universalmente riconosciuto attraverso il mito greco (la variante sicana, più antica, è stata da noi ricostruita in un articolo pubblicato su miti3000.eu), aveva ad Enna la propria sede. Che un culto nei confronti della dea venisse praticato in Sicilia e dall’isola fosse passato in Grecia, magari con i dovuti adattamenti locali, si evince ancora dalla presenza ad Eleusi di un sacerdote addetto alla purificazione del neofita il cui nome, chiaramente di origine barbarica, era Hidrano.

Hidrano il grande jerofante.

Lo Hidrano aveva il compito di purificare il neofita che veniva iniziato ai piccoli Misteri Eleusini, probabilmente attraverso abluzioni in vasche rituali che in Sicilia si trovano in gran numero ricavate nella roccia. A questa conclusione si arriva, oltre che grazie ad annalisti del tempo quali Clemente Alessandrino, dal significato dell’appellativo Hidrano. Pertanto, attingendo dal filologo ed esperto in lingua indoeuropea nonché specializzato in idronimia Hans Krahe, che fa derivare da una base comune antico-europea convenzionalmente chiamata protogermanico il termine “drowos” a cui attribuisce il significato di corso di un fiume, risulta che il nome del sacerdote addetto alle abluzioni è composto dall’unione dei lessemi drowos acqua e Ano, avo, antenato. Si fa qui notare di passata, che il nome della maggiore divinità sicana della Sicilia pre greca era Adrano, che è collegabile al “furore’ o impeto delle acque fluviali (vedi glossario etimologico miti3000.eu). Ora, come affermato sopra, l’Hidrano aveva il ruolo di purificare il neofita e a tal fine significativo è che in Grecia, presso il villaggio di Agra, vi era un piccolo tempio sulle sponde del fiume Ilisso dove l’Hidrano compiva il suo ufficio. Così come abbiamo proceduto fin qui emerge, dunque, che Il termine Hidrano con cui si indica quel tipo di sacerdozio è palesemente barbarico, non greco, sicano e ciò concorre alla tesi qui formulata secondo la quale sarebbe siciliana l’origine del culto di Demetra e posteriori alle cerimonie siciliane dedicate alla dea i Misteri eleusini.

Il ruole delle donne.

Come si apprende dagli annalisti antichi, molti dei quali iniziati ai Misteri, come Firmico Materno che si convertirono al cristianesimo, per cui non essendo più tenuti alla segretezza rivelarono il contenuto dei riti, ai misteri Eleusini venivano iniziate anche le donne. Queste, secondo le indiscrezioni fornite da Esichio, interamente nude venivano condotte al cospetto della sacerdotessa. Apuleio, a sua volta, afferma che l’organo sessuale femminile, che egli chiama mundum muliebre, fu posto come oggetto sacro nelle ceste mistiche di Cerere. Le affermazioni dei nostri due letterati ci portano indietro ai primordi, in Sicilia omphalos del Mediterraneo, e al primigenio culto della fertilità nel quale si espone l’organo femminile della riproduzione, a Roccella Valdemone inciso su decine di rocce. A motivo della presenza di una Tholos che esiste ancora proprio sulla collina, anche se parzialmente diroccata, si desume che il luogo di culto dovrebbe essere stato frequentato senza aver subito modificazioni sostanziali, dal periodo eneolitico fino all’età del bronzo, periodo in cui si colloca appunto la Thòlos. Presumiamo che il rito dovette conservare immutate le sue caratteristiche primordiali fino all’età del bronzo. Auspichiamo che la sovrintendenza di Messina, alla quale abbiamo segnalato il ritrovamento, inizi subito un sopralluogo, specialmente nella collina della fertilità in cui ci aspettiamo di trovare, oltre che numerosi artefatti sullo stile di quelli già osservati, un ipogeo, un’ara, vasca rituale etc.

Ad maiora

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