Adrano: ipogei, acque e mk ultra.

Adrano: ipogei, acque e mk ultra.

Nel settembre del 2024 pubblicavamo lo studio riguardo agli ipogei e agli acquedotti del sottosuolo adranita, paragonandoli, a motivo della descrizione fatta nelle Tavole di Smeraldo attribuite a Thoth, alle Sale di Amenti. Ora, grazie alla disponibilità di Don Salvatore Stimoli che senza pregiudizi ha aperte alla ricerca le porte dell’antico tempio del dio Adrano, oggi adibito a chiesa, e grazie alla professionalità del mai sufficientemente apprezzato geologo dott. Francesco Messina che per la sua inestinguibile sete di conoscenza, stimolato dal presidente del CAI di Belpasso Orazio Marchese a cui gli Adraniti debbono molto per l’opera di divulgazione che conduce, ha prestato gratuitamente la sua opera e i suoi costosi macchinari che permettono di sondare le viscere della terra, torniamo sull’argomento, con l’ ipotesi secondo cui la chiesa possa essere stata costruita sulle rovine di una struttura templare antecedente, ipotesi già espressa ma rafforzata oggi dall’ispezione del dottor Messina, che con il suo georadar ha rilevato l’esistenza di una antica pavimentazione a un metro sottostante a quella odierna. La pavimentazione potrebbe essere appartenuta alla chiesa edificata nell’XI secolo dalla contessa Adelicia, ma anche al tempio del dio Adrano, ricostruito dai Romani nel 263 a.C. dopo che gli stessi lo avevano abbattuto, ma ciò sarà argomento di un prossimo articolo. Per il momento non ci rimane che augurarci un intervento della sovrintendenza ai beni culturali, affinché realizzi nella su citata chiesa dei sondaggi la cui esposizione al pubblico, sulla scia di quello che è stato fatto all’interno della Cattedrale di Catania, impreziosirebbe il contesto e potrebbe essere utilizzata dagli studiosi di tutto il mondo.

Purtroppo la preziosa opera di lettura del sottosuolo adranita che doveva essere effettuata dal dott. Messina per le vie di Adrano, non è stata possibile poiché la pavimentazione delle vie cittadine, realizzata con mattoni di duro e spesso basalto, non si lasciava attraversare dalle onde emesse dal macchinario. Speriamo di poter rimandare a tempi migliori tale esplorazione, quando la migliorata futura tecnologia ci porrà nelle condizioni adeguate, sebbene le nostre ricerche continueranno esplorando gli ubertosi terreni dei nostri ortolani all’interno delle millenarie mura. Tale impedimento, tuttavia, non ci fermerà dall’ esporre le tesi che abbiamo maturato per altre vie, facendo ricorso alla multidisciplinarietà e all’esperienza diretta di chi scrive, invitando il lettore a ben meditare sulle tesi esposte, poiché esse potrebbero essere viziate dalla formazione culturale di chi le espone.

Il sondaggio effettuato nella Chiesa Madre, oltre a rilevare gli ipogei oggi convertiti in luoghi frequentati dai fedeli, ha rilevato l’esistenza di altri sotterranei, chiusi al pubblico, sigillati da botole inamovibili. Si tratta verosimilmente del cimitero sotterraneo istituito prima che l’editto napoleonico ne impedisse l’uso. L’ispezione della chiesa, dunque, non solo ci consente di riaffermare quanto sostenuto nell’articolo da noi pubblicato col titolo Le Sale di Amenti e i meandri di Etna, fruibile nel sito adranoantica.it, ma ci permette di osare oltre, spingendoci a ipotizzare, supportati dalla narrazione di storici antichi e dal contenuto di miti locali, che l’ipogeo adranita fosse una sorta di laboratorio preistorico in cui la divinità adranita Adrano, appellata con quaranta nomi tra cui il dio delle acque, utilizzasse la vasta rete di canali sotterranei in cui scorrevano le acque, manipolandone le proprietà fisiche, come sotto esporremo.

Il mito e la storia

Prima di elencare le qualità fisiche dell’acqua, è bene che il lettore venga a conoscenza di alcuni episodi raccontati da Diodoro Siculo, poiché a nostro avviso tornano a sostegno della tesi che di seguito esporremo.

Lo storico di Agira afferma che a Gerone II di Siracusa, morto ultranovantenne nel 217 a.C., successe il quindicenne nipote Geronimo, il quale a motivo della giovanissima età era sotto la tutela di quindici tutori, tra i quali Adranodoro suo zio che riuscì a concentrare il potere nelle sue mani. Come il nome di Adranodoro tradisce, è probabile che questi fosse, oltre che genero del tiranno Gerone II, un sacerdote del culto del dio nazionale Adrano, culto che dopo i fatti di Stimolante (Plutarco, Vita di Timoleonte) il quale, avendo goduto dei favori della sicana divinità, il cui culto era il più importante della Sicilia se mai fosse diminuito, lo valorizzò ancora più nella città di Siracusa che divenne la sua residenza. I Siracusani nel 211 a.C. ebbero la malaugurata idea di interrompere l’alleanza con i Romani alleandosi con i Cartaginesi. La guerra divenne allora inevitabile. Morto Geronimo in uno scontro con i Romani, il potere passa pienamente nelle mani di Adranodoro. I Romani, afferma Diodoro, attribuendo al dio Adrano l’invincibilità degli eserciti siculi, pensarono bene di circondare il tempio del dio Adrano con una cerchia di solide mura, onde impedire che le energie profuse dal dio e provenienti dal tempio, raggiungessero le schiere sicule. Ora, come avvenne nel caso Schliemann per ciò che riguarda la guerra di Troia, ritenuta una leggenda dagli accademici di allora, invece avvalorata dagli scavi condotti dall’intraprendente archeologo tedesco, ecco che anche ad Adrano si trovano a nostro avviso, le prove dell’attendibilità del racconto diodoreo. Infatti nel piano terra del Castello Normanno, a pochi passi dalla Chiesa Madre, che come abbiamo detto sorge sulle rovine del tempio del dio Adrano, coperto da una teca di vetro è visibile un muro romano della larghezza di un metro e mezzo.

Continuando con la leggenda riguardo ai cani posti a guardia del tempio del dio Adrano, essa riporta che questi molossi, o forse cirnechi, erano in grado di distinguere i visitatori animati da buone intenzioni da quelli malintenzionati – il lettore ricorderà che il tempio fungeva anche da erario, tanto da indurre il tiranno di Agrigento Falaride a tentare una sortita per predarlo, come afferma Polieno nel suo Stratagemmi-. Ebbene, i due episodi sopra citati devono servire a ricordarci l’argomento altrove esposto circa le frequenze emesse dall’acqua corrente, in grado di provocare stati estatici e mistici o stati alterati di coscienza.

Da recenti studi è emerso che l’acqua è portatrice di una coscienza cosmica e che conserva memoria di questa coscienza. Studi sulle qualità e i comportamenti dell’acqua si devono al pioniere Masaru Emoto. I risultati a cui lo scienziato giapponese è pervenuto sono oggi confermati da molti ricercatori, motivo per cui non riprenderemo l’argomento in questa sede, rimandando coloro che hanno subito il morso del serpente agli studi pertinenti. Ricordiamo invece ai nostri lettori, a conferma della tesi che stiamo per esporre riguardo alla conoscenza scientifica dei sacerdoti del tempio adranita, che le frequenze sono state utilizzate di recente in scenari di guerra, per esempio la prima Guerra del Golfo, come arma nella battaglia di Falluja ed il Profesore Paolo De Bertolis, studioso di archeoacustica, ne ha parlato in alcune sue conferenze. In quella occasione gli assedianti americani dirigevano verso la città araba la frequenza di 18 hz, con lo scopo di disturbare la mente degli avversari privandoli del sonno. Questo episodio dovrebbe fare riflettere lo studioso indagatore, mostrando la possibilità che si possa riscrivere la storia partendo da nuovi e inediti paradigmi, abbandonando quelli che vedevano l’uomo al centro dell’universo e misura d’ogni cosa, per cui, stando all’arroganza di cui era figlio, veniva appellata scienza soltanto ciò che era riproducibile in laboratorio, escludendo altresì la possibilità dell’esistenza nel passato di civiltà tecnologicamente più avanzate della presente. Ritrovamenti di oggetti fuori dal tempo come il meccanismo di Antikitera e molti altri, il racconto della storica difesa di Siracusa da parte di un solo uomo, grazie a meccanismi fuori dall’ordinario, certamente creati nell’ambito di una scuola di scienziati isolani che operavano sotto la guida di Archimede, corroborano la tesi su esposta.

Il dio delle acque profonde.

È così che viene appellato Ea, la divinità che aveva edificato la propria reggia a Eridu nell’Abzu. A propria volta, la tradizione sicana a cui fa riferimento Macrobio, definiva Adrano il dio delle acque dolci. La sede dell’avo primordiale, Adrano, era, ma sarebbe meglio dire è, presso l’Etna, nella omonima città di i Adrano, da sempre additata per l’abbondanza delle sue numerose sorgenti (nell’ ‘800 esistevano mille e cento sorgenti -La Battaglia di Adrano, di Pietro Maccarrone, Catania 1988) al punto che sulle monete coniate durante i secoli V e IV a.C. erano effigiati l’anguilla e il granchio. Lo storico locale Salvatore Petronio Russo, nel suo libro Storia di Adernò, elenca ben nove copiose sorgenti che scorrevano dentro le mura e sei nei pressi. Le abbondanti sorgenti erano in numero così elevato e convergenti da formare fragorose cascate, il cui frastuono il principe Biscari poteva udire a notevole distanza, come affermò durante una sua visita alla storica cittadina. È possibile che l’appellativo di Adrano apposto all’Avo, formato dall’unione dell’aggettivo odr furioso e del sostantivo Ano che significa Avo, antenato, si debba proprio allo scroscio prodotto dalla violenza delle acque che precipitavano dalla rocca. Chi scrive ricorda come ancora da fanciullo, le sorgenti a cielo aperto fossero tanto numerose da poter soddisfare certamente le necessità agricole e umane del luogo. Pertanto, oggi percorrendo i numerosi canali sotterranei che convogliano ancora una copiosa quantità d’acqua, riflettendo sulla dispendiosa opera di canalizzazione sotterranea (ricordi il lettore che gli scavi sono stati eseguiti sul duro basalto in epoca in cui non esistevano mezzi meccanici di scavo) non si spiega la ‘ necessità di tali costose opere, constatando altresì che gran parte di quelle sorgenti affioravano spontaneamente in superficie, e che se non inutilizzate precipitavano dalla rocca per fondersi nel fiume Simeto, il quale scorre a valle, distante un paio di chilometri dal centro urbano. Perché mai, con enorme dispendio di risorse umane ed economiche si sarebbero dovuti creare canali sotterranei scavati nel duro basalto e rivestirli con muri laterali di pietra lavorata, proteggerli con tetti a ogiva se lo scopo era solo quello di convogliare le acque irrigue? Queste non potevano forse egualmente scorrere sul nudo suolo, a cielo aperto? Molti canali erano erano stati costruiti con una modalità molto più semplice e fin da epoca greca e romana. I canali presenti nel sottosuolo adranita, tra l’altro, si intersecano a formare una fitta maglia, una rete labirintica.

Il simbolo della lira di Adrano e le frequenze.

All’osservazione di una moneta coniata intorno al V secolo a.C. che porta la legenda Adranitan sul fronte e il simbolo della lira sul retro, dobbiamo l’interrogativo che ci siamo posto: il simbolo del noto strumento musicale, voleva forse essere un criptico messaggio ai posteri? Se così fosse ecco la nostra interpretazione: la casta sacerdotale adranita, individuata nella scritta Adranitan (in riferimento ai cittadini, sulle monete greche, veniva utilizzato il termine Adranoi) come le caste religiose di ogni civiltà, era la detentrice della conoscenza, nel caso specifico, di come combinare le frequenze provocate dallo scorrere delle acque dentro i canali del sottosuolo, i quali potevano essere raggiunti attraverso l’ipogeo templare trasformato in epoca cristiana in catacomba. La lira effigiata sulle monete, potrebbe indicare che il suo armonioso e benefico suono (oggi molti terapeuti utilizzano il rumore dell’acqua che scorre o che cade dal cielo, per curare disturbi del sonno e altre patologie) poteva essere riprodotto con l’altrettanto benefico suono emesso dalle frequenze dello scorrere delle acque, con la differenza che quest’ ultimo poteva essere percepito anche dai sordi. A corroborare quanto sopra detto, ricorderà il lettore che nel racconto biblico Davide suonava la lira per calmare le emicranie del re Saul. La lira effigiata sulla moneta adranita, dunque, indicherebbe i benefici effetti che la casta sacerdotale era in grado di provocare sull’intero popolo, grazie alla sapiente manipolazione della rete di canali sotterranei, facendo scorrere le acque nelle direzioni volute a seconda degli effetti desiderati. Questa procedura avrebbe prodotto frequenze, come quelle emesse dalle corde di una lira e poiché ha una linea diretta con la coscienza, il suono agisce su ogni singola cellula del corpo, influendo sui comportamenti.

Non sarebbe dunque un’eresia se sorgesse il sospetto che già allora i sacerdoti adraniti conoscessero queste pratiche. Il prof. De Bertolis è giunto a queste conclusioni studiando i siti sacri dell’età del bronzo, in particolare le Domus de Janas in Sardegna, ed è qui d’uopo ricordare al lettore, che Diodoro Siculo afferma che lo scienziato Dedalo in Sicilia stava realizzando per conto del re Cocalo, che lo ospitava, alcuni suoi non meglio descritti progetti negli ipogei, e che successivamente si sia spostato in Sardegna per fare analoghe strutture o per provocare analoghi effetti.

I sacerdoti, ancora grazie alla sapiente gestione delle acque nei canali sotterranei, sarebbero stati capaci di produrre frequenze in grado di ingenerare stati di coscienza alterata nei militari di stanza presso il tempio/erario. Si tenga in conto che l’organismo umano, con il suo sessantacinque per cento d’acqua, diventa un campo magnetico e vibrazionale che risponde al suono, anche quello non udito dall’orecchio, e ciò potrebbe spiegare il motivo dell’invincibilità degli eserciti adraniti e perché i Romani abbiano circoscritto il tempio con mura di contenimento (Diodoro Siculo, Biblioteca Storica).

La chiusura e apertura delle porte del tempio di Giano Bifronte sul Campidoglio, a seconda che si fosse in pace o in guerra, induce a sospettare che i Romani conoscessero le influenze delle vibrazioni sul cervello umano, per cui seppero come intervenire sul tempio adranita, inibendo la propagazione delle frequenze da questo emesse. Del resto abbiamo sostenuto altrove che il dio Jah-Ano e il dio A-dr-Ano altro non sono che la manifestazione in aree geografiche diverse della stessa divinità e Roma, come ipotizzato in precedenti nostri studi, altro non fu che una creazione del popolo sicano, allora guidato dal re dei Feaci Antinoo, per attuare sul mondo allora conosciuto un programma di ampio respiro. Non si spiegherebbe, infatti, l’ascesa repentina dei Romani in tutte le arti, se non con l’apprendimento della scienza sicana, già iniziata durante l’età del bronzo tanto è vero che Virgilio nella sua Eneide colloca i Sicani nel Lazio. Sospetta è altresì la scomparsa di Archimede da Siracusa quando i Romani la conquistano e la conseguente esplosione tecnologica dell’Urbe. Pur ammettendo che Archimede fosse morto in quella circostanza come racconta la leggenda, non si può dubitare della esistenza di una scuola di scienziati che operavano nella polis siciliana e che dopo la vittoria romana siano stati deportati a Roma, o altrimenti saremmo costretti ad affermare che la bomba atomica l’abbia creata soltanto Enrico Fermi e non fosse nata dalla collaborazione di un’equipe di scienziati, che interagivano nei laboratori di via Panisperna. I risultati di tali studi portarono ai nefasti effetti nonostante la sparizione di Majorana, l’Archimede del Secolo Breve, con il trasferimento del laboratorio da Roma in America. Da quel momento gli States, come Roma all’epoca di Archimede, divennero la prima potenza mondiale.

Purtroppo non sarà mai possibile esplorare l’intera rete di canali e ipogei adraniti, poiché questi, si trovano sotto le moderne abitazioni, sono adibiti a cantine, palestre e altre attività p riempiti di detriti, non sono più interamente percorribili, come quello di Via Roma esplorato da chi scrive. Pertanto non potremo verificare quanto da noi supposto circa l’esistenza di paratoie che opportunamente attivate avrebbero messo in comunicazione i canali attivando le frequenze desiderate.

Significato del nome Adrano.

Quanto qui affermato viene corroborato dal nome dato al dio dei Sicani, Adrano. Secondo il metodo interpretativo da noi adottato e che i lettori ormai conoscono bene, il nome sarebbe formato dall’unione dei lessemi A-dr-ano. Il prefisso A, nelle lingue che noi riteniamo comparabili a quella sicana, indica l’acqua, quella corrente però, dunque di fiumi e sorgenti. Infatti tale prefisso forma i nomi del laziale fiume Aniene, presso il quale Virgilio pone i Sicani a custodia dei possedimenti del re Latino; lo ritroviamo ancora nel siracusano fiume Anapo, nel catanese fiume Amenano, nel germanico fiume Adrana citato dallo storico Tacito, nello spagnolo Adrano e per finire nel sicano Adrano quale appellativo della divinità. Non escludiamo l’esistenza di altri idronimi che abbiamo tale prefisso e che a noi sfuggono. Il nesso consonantico dr, nella lingua germanica indica, se dobbiamo dare credito ad Adamo da Brema, furore, tanto che il dio scandinavo Odino, veniva appellato Odr, il furioso. ll prefisso A potrebbe perciò essere un semplificativo del termine ea, che era uno dei numerosi appellativi del dio meglio conosciuto come Enki, la cui sede era nell’Abzu superiore, identificato da noi con la Sicilia. E infatti è più che mai calzante il fatto di porre presso l’Etna, ad Adrano, la residenza del dio più antico del Mediterraneo, in quanto Empedocle di Agrigento affermava nel V sec.a.C., che i miti più antichi provenivano dalla Sicilia orientale e colà erano nati i riti di iniziazione. Non è un caso che nei riti di iniziazione sia quasi sempre presente l’acqua (attraversamento di fiumi, abluzioni ecc.) e il rito che si svolgeva nella Valle delle Muse presso Adrano (vedi cortometraggio pubblicato nel sito Adrano antica.it) a cui accenna Eschilo nelle Etnee, ne rappresenta l’esempio più pregnante. Che con il termine ea venga indicata l’acqua, oltre che esplicitato dal nome Enki, ovvero il primo, il numero uno della chiglia, parte che per metonimia indica tutta la nave, viene meglio espresso dall’ulteriore appellativo di Ea. L’appellativo sta infatti a indicare se non proprio la consustanzialità di questo dio- qualsiasi sia il concetto che abbia voluto esprimere colui che ha coniato il termine dio- con l’elemento acqua o perlomeno la dimestichezza ch’egli aveva con l’elemento. Il nome Ea appartenuto al dio delle acque dolci che abitava l’Abzu superiore ovvero la Sicilia, riteniamo che possa essere stato successivamente utilizzato come titolo o grado di comando nelle flotte navali: En-ea era un titolo che probabilmente indicava l’ammiraglio (en= primo, come il tedesco ein), il comandante in capo. Nell’Iliade vi è, infatti, un celato riferimento alla flotta troiana, verosimilmente comandata dal mitologico Enea, sconfitta dai Greci per “viltà del consiglio degli anziani”.

Ad Adrano i simboli delle acque dolci primordiali.

La zecca adranita ci viene in aiuto nella formulazione di si ardite tesi. Infatti, diversi conii adraniti prodotti nel corso del V, IV se. a.C. e oltre, riproducono il granchio d” acqua dolce che ha tra le chele un’anguilla. Si sa che l’uno e l’altro animale hanno il loro habitat presso le acque dolci e nessun luogo della Sicilia, ma oseremmo dire dell’intero bacino del Mediterraneo, è così ricco di acque dolci come quello in cui venne edificato il tempio sicano del dio delle acque dolci Adrano. Poiché abbiamo altrove trattato l’argomento circa la sovrapponibilità della mitologia sumerica con quella sicana, non affronteremo in questa sede la sovrapponibilità del dio mesopotamico Anu con il sicano A-dr-Ano se non per ricordare che Macrobio raccontando il mito dei Palici, afferma che questi furono concepiti dalla ninfa Etna di cui Adrano si era invaghito osservandola fare il bagno nel fiume Simeto.

Ad maiora.

Prof. Francesco Branchina

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